Analisi della sentenza n. 33653 della Corte di Cassazione, Sezione V: maltrattamenti e atti persecutori
La sentenza n. 33653, emessa dalla Corte di Cassazione, Sezione V il 4 settembre 2024, – di seguito scaricabile – tratta un caso di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori, analizzando aspetti fondamentali della qualificazione giuridica del reato e del trattamento sanzionatorio.
I fatti
L’imputato, A.A., era stato condannato dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria per maltrattamenti ai danni della moglie e per atti persecutori nei confronti del suo nuovo compagno. La Corte d’Appello aveva riqualificato il reato di maltrattamenti in famiglia, inizialmente contestato ai sensi dell’art. 572 del codice penale, riconducendolo alla fattispecie di atti persecutori (art. 612-bis, comma 2, c.p.). La pena era stata rideterminata in un anno, otto mesi e venti giorni di reclusione.
Le argomentazioni difensive
L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva impugnato la sentenza, sollevando diversi motivi di ricorso:
- Violazione di legge e travisamento della prova per mancato riscontro delle dichiarazioni delle persone offese e presunti interessi di parte.
- Contestazione dell’elemento soggettivo del reato, argomentando che i litigi tra i coniugi erano causati dalla gestione del figlio, escludendo il dolo.
- Mancanza del dolo generico negli atti persecutori nei confronti del nuovo compagno della moglie, sottolineando la sporadicità delle condotte.
- Contestazione del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570-bis c.p.) legato alla mancata corresponsione del contributo di mantenimento, motivata da una presunta compensazione per lavori eseguiti nella casa familiare.
- Trattamento sanzionatorio, lamentando l’eccessività della pena inflitta e la negata sospensione condizionale.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno ritenuto infondate le argomentazioni difensive, sottolineando quanto segue:
- Dichiarazioni delle persone offese: La Corte ha ribadito la piena affidabilità delle dichiarazioni delle vittime, ritenute coerenti, lineari e supportate da altre prove, come testimonianze di terzi e annotazioni delle forze dell’ordine.
- Elemento psicologico: Il ricorso difensivo ha confuso il movente con il dolo. La Cassazione ha chiarito che il dolo consiste nella volontà di porre in essere condotte persecutorie, indipendentemente dai motivi sottostanti.
- Atti persecutori: La Corte ha confermato che due episodi di condotte persecutorie sono sufficienti a configurare il reato di stalking, senza necessità di una prolungata sequenza temporale.
- Violazione degli obblighi familiari: La Corte ha rigettato la pretesa di compensare l’obbligo di mantenimento del figlio con un credito non provato, ribadendo la preminenza del dovere di sostenere i bisogni primari del minore.
- Pena e continuazione: Il trattamento sanzionatorio è stato considerato proporzionato ai fatti e in linea con i criteri di cui all’art. 133 c.p., non richiedendo una motivazione aggiuntiva per l’aumento di pena per i reati satelliti.
Conclusione
La sentenza sottolinea l’importanza di una corretta qualificazione dei reati di maltrattamenti e atti persecutori, soprattutto nei casi di violenza domestica e conflitti familiari. La Corte ha chiarito il concetto di dolo negli atti persecutori, stabilendo che due episodi gravi sono sufficienti per configurare il reato.
L’avvocato Stefano Soardi, del Foro di Bergamo, assiste da anni le vittime di maltrattamenti, anche avvalendosi del gratuito patrocinio a spese dello Stato, offrendo supporto legale e protezione a chi subisce violenze domestiche e atti persecutori.