La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 8664 del 28 febbraio 2024 – di seguito scaricabile – ha annullato senza rinvio l’ordinanza del Tribunale di Salerno del 29 giugno 2023 e il decreto di sequestro del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania del 14 marzo 2023 in un caso riguardante il sequestro preventivo di beni mobili e immobili della società indagata finalizzato alla confisca di una somma di Euro 76.012,30, ritenuta profitto del reato contestato.
Il procedimento ha preso avvio con l’ordinanza del GIP di Vallo della Lucania, che aveva disposto il sequestro preventivo della somma in questione, ritenendo che essa costituisse il profitto del reato di indebita compensazione di crediti inesistenti verso il fisco. L’ente, beneficiario del profitto, aveva presentato richiesta di riesame, che era stata rigettata dal Tribunale di Salerno.
La società, rappresentata dal proprio amministratore unico ha quindi proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi principali:
- Con il primo motivo ha lamentato la nullità dell’ordinanza per violazione del principio della domanda cautelare e per mancata contestazione di un illecito amministrativo all’ente, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001;
- Con Il secondo motivo contestava l’inapplicabilità del sequestro preventivo nei confronti di un ente indagato. Il terzo motivo denunciava l’indebita integrazione della motivazione riguardo al pericolo di dispersione dei beni, mentre il quarto motivo criticava l’apparenza della motivazione stessa.
La Corte di Cassazione ha rigettato i primi due motivi, chiarendo che la qualificazione dell’ente come “indagato” non implicava necessariamente l’attribuzione di responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001. La società era stata destinataria del sequestro non in qualità di ente indagato, ma come beneficiaria del profitto del reato contestato alle persone fisiche coinvolte.
Il terzo motivo è stato invece accolto. La Corte ha stabilito che in sede di riesame non è consentita l’integrazione della motivazione assente nell’ordinanza applicativa della misura cautelare. La motivazione riguardante il pericolo di dispersione dei beni era del tutto assente nell’ordinanza originaria del GIP, e non poteva essere integrata dal Tribunale di Salerno. La Corte ha richiamato il principio secondo cui il provvedimento di sequestro preventivo deve contenere una motivazione concisa anche del “periculum in mora”, come chiarito dalle Sezioni Unite nella sentenza Ellade.
Il quarto motivo è stato dichiarato assorbito, in quanto la mancanza di motivazione sul pericolo di dispersione dei beni rendeva irrilevante il contenuto dell’integrazione tentata dal Tribunale.
In conclusione, la Corte Suprema di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza del Tribunale di Salerno e il decreto di sequestro del GIP di Vallo della Lucania, disponendo la comunicazione immediata al Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 c.p.p.
La sentenza sottolinea l’importanza di una motivazione completa e adeguata nei provvedimenti di sequestro preventivo, ribadendo che eventuali carenze motivazionali non possono essere sanate in sede di riesame.